Le più
antiche tracce della presenza umana in Valdera risalgono al Pleistocene medio,
nei cui terrazzi si rinvengono abbondanti industrie litiche dell'Homo erectus.
Queste, localizzate principalmente nei territori dei Comuni di Terricciola e
Laiatico, sono rappresentate da complessi su scheggia di tecnica clactoniana e
levalloisiana, riferibili al Paleolitico inferiore. Allo stesso periodo è
attribuibile anche il ritrovamento isolato (Le Casacce-Casciana Terme) di un
bifacciale acheuleano.
Non si hanno, invece, attestazioni sicure di una frequentazione dell'area durante il Paleolitico medio da parte dell'Uomo di Neandertal, cui si potrebbero attribuire solo alcuni sporadici reperti litici.
Alla fase iniziale del Paleolitico superiore- che segna la comparsa in Europa dell'uomo moderno (Homo sapiens sapiens)- si riferisce un giacimento di superficie della cultura aurignaziana situato lungo la riva destra del Rio Caldana presso Casciana Terme.
Con la fase più recente del Quaternario, nell'Olocene antico, le evidenze archeologiche in Valdera divengono più rarefatte; pochi manufatti provenienti dalla zona di Orciatico riconducono al mesolitico e/o neolitico.
Su un terrazzo lungo il corso del torrente La Sterza è stato, invece, localizzato un insediamento (Pian delle Vigne, Laiatico) caratterizzato dalla presenza pressoché esclusiva di reperti litici, tra cui figurano numerose cuspidi di freccia databili all'Eneolitico. Interessante è il ritrovamento, nella stessa area, di un'ascia-martello, una tipologia che generalmente contraddistingue i corredi delle tombe a forno eneolitiche della cultura di Rinaldone attualmente nota soprattutto nella Toscana meridionale, ma presente anche in una tomba a fossa a Guardistallo. L'esistenza di un complesso funerario dell'età del Rame è nota, peraltro, a Montebradoni, vicino Volterra, dove una grotticella è stata utilizzata per sepolture collettive.
La continuità del popolamento nell'età del Bronzo è indicata da sporadici rinvenimenti di materiale litico e ceramico su alcuni rilievi collinari nei territori di Terricciola e Palaia, e dalla scoperta di due asce di bronzo, che costituiscono, finora, l'unica attestazione della diffusione di strumenti metallici in Valdera durante la protostoria.
Non si hanno, invece, attestazioni sicure di una frequentazione dell'area durante il Paleolitico medio da parte dell'Uomo di Neandertal, cui si potrebbero attribuire solo alcuni sporadici reperti litici.
Alla fase iniziale del Paleolitico superiore- che segna la comparsa in Europa dell'uomo moderno (Homo sapiens sapiens)- si riferisce un giacimento di superficie della cultura aurignaziana situato lungo la riva destra del Rio Caldana presso Casciana Terme.
Con la fase più recente del Quaternario, nell'Olocene antico, le evidenze archeologiche in Valdera divengono più rarefatte; pochi manufatti provenienti dalla zona di Orciatico riconducono al mesolitico e/o neolitico.
Su un terrazzo lungo il corso del torrente La Sterza è stato, invece, localizzato un insediamento (Pian delle Vigne, Laiatico) caratterizzato dalla presenza pressoché esclusiva di reperti litici, tra cui figurano numerose cuspidi di freccia databili all'Eneolitico. Interessante è il ritrovamento, nella stessa area, di un'ascia-martello, una tipologia che generalmente contraddistingue i corredi delle tombe a forno eneolitiche della cultura di Rinaldone attualmente nota soprattutto nella Toscana meridionale, ma presente anche in una tomba a fossa a Guardistallo. L'esistenza di un complesso funerario dell'età del Rame è nota, peraltro, a Montebradoni, vicino Volterra, dove una grotticella è stata utilizzata per sepolture collettive.
La continuità del popolamento nell'età del Bronzo è indicata da sporadici rinvenimenti di materiale litico e ceramico su alcuni rilievi collinari nei territori di Terricciola e Palaia, e dalla scoperta di due asce di bronzo, che costituiscono, finora, l'unica attestazione della diffusione di strumenti metallici in Valdera durante la protostoria.
Glossario
Acheuleano: strumenti su ciottolo o su scheggia con forma a mandorla ottenuta mediante distacchi bifacciali (amigdale o bifacciali). Paleolitico inferiore.
Aurignaziano: cultura che segna la comparsa in Europa dell' uomo moderno (homo sapiens sapiens); è caratterizzata dalla tecnica di scheggiatura laminare e da strumenti specializzati in selce e in osso. Paleolitico superiore.
Clactoniano: strumenti su schegge di grandi dimensioni ricavati da nuclei senza una forma determinata; assenza di bifacciali. Paleolitico inferiore.
Levalloisiano: tecnica di scheggiatura con cui si ottengono prodotti di forma predeterminata mediante un'adeguata preparazione del nucleo. Paleolitico inferiore-medio.
Acheuleano: strumenti su ciottolo o su scheggia con forma a mandorla ottenuta mediante distacchi bifacciali (amigdale o bifacciali). Paleolitico inferiore.
Aurignaziano: cultura che segna la comparsa in Europa dell' uomo moderno (homo sapiens sapiens); è caratterizzata dalla tecnica di scheggiatura laminare e da strumenti specializzati in selce e in osso. Paleolitico superiore.
Clactoniano: strumenti su schegge di grandi dimensioni ricavati da nuclei senza una forma determinata; assenza di bifacciali. Paleolitico inferiore.
Levalloisiano: tecnica di scheggiatura con cui si ottengono prodotti di forma predeterminata mediante un'adeguata preparazione del nucleo. Paleolitico inferiore-medio.
199
IL
NEOLITICO E L’ETÀ DEI
METALLI IN TOSCANA:
SVILUPPI
CULTURALI E STRATEGIE INSEDIATIVE
RENATA GRIFONI CREMONESI
Dipartimento
di Scienze Archeologiche, Università di Pisa
1.
Il Neolitico
Il
Neolitico, cioè il periodo della storia umana che vede l’insorgere di
un’economia
produttiva,
basata sulla domesticazione delle piante e degli animali, nasce nel Vicino
Oriente,
in quella che viene chiamata Mezzaluna fertile, tra Siria-Palestina e i Monti
Zagros,
dove esistevano orzo e grano selvatici e capre selvatiche, non presenti invece
in
Europa.
Il lungo processo che portò alla domesticazione, detto «di neolitizzazione», si
sviluppò
in queste zone tra il X e l’VIII millennio a. C. e portò gradualmente al
formarsi
di
villaggi stabili vicini ai campi coltivati, presso corsi d’acqua; la raccolta
prima e poi
la
domesticazione dei cereali portarono alla necessità di creare nuovi strumenti,
quali
asce
e accette in pietra levigata, macine, falcetti, e silos per la conservazione
dei cereali.
La
domesticazione dei caprovini portò altre innovazioni, quali la tessitura e
quindi la
creazione
di telai, fusi, fusaiole, e anche la produzione di latte e dei suoi derivati.
La
ricchezza raggiunta con il nuovo tipo di economia portò al sorgere di villaggi
complessi,
con case rettangolari, spesso adorne di pitture e sculture, e santuari; portò
anche
al
formarsi di un’intensa rete di scambi a lunga distanza relativa
all’approvvigionamento
delle
nuove materie prime usate oltre alla selce, e cioè ossidiana, rocce dure,
bitume, forse
sale,
e allo scambio con beni di prestigio, come pietre pregiate per ornamenti. Infi
ne
ebbe
molta importanza la navigazione su lunghe distanze che permise di giungere in
territori
lontani e nelle isole. L’altra grande innovazione tecnologica, cioè la
ceramica,
apparve
solo verso gli 8000 anni da oggi.
In
Italia il Neolitico giunse all’incirca 8000 anni fa, quindi con un certo
ritardo
rispetto
al Vicino Oriente e gruppi di agricoltori allevatori arrivarono sia per via
marittima,
attraverso l’Adriatico, che con una diffusione continentale, mediata dai
Balcani
[6], [24]. Soprattutto lungo la costa adriatica, dalle Marche alla Puglia, e in
Basilicata
sono numerosi i villaggi, spesso circondati da grandi fossati e dotati di
strutture
quali
capanne rettangolari con pareti di pali e frasche intonacate, silos, forni di
argilla,
pavimentazioni
di ciottoli, ed è possibile seguire tutto lo sviluppo del Neolitico dagli
inizi
fi no alla fase fi nale. L’inizio del Neolitico è contraddistinto in tutto
l’occidente
Mediterraneo
da ceramiche decorate a impressioni ottenute mediante margini di
conchiglie
o unghiate sulla pasta ancora molle del vaso (ceramica impressa).
Lungo
la costa tirrenica centro settentrionale si sviluppò un aspetto particolare
200
PIANETA GALILEO
2006
della
ceramica impressa, detta di tipo cardiale, dall’uso della conchiglia Cardium,
che
è
comune a tutto l’areale medio tirrenico, alle isole, al Midi francese e alla
penisola
iberica
[14], [15].
Questo
aspetto è noto lungo tutta la costa da Pisa al Tevere, nonché in vari siti di
abitato
nell’Alto Lazio, in grotte e abitati del Senese, a Pianosa e all’Isola del
Giglio:
si
vede dunque un’ampia diffusione del neolitico più antico in quasi tutta la
regione
toscana
con ceramiche decorate a motivi cardiali spesso disposti in bande di linee
formanti
motivi geometrici. Le datazioni disponibili per questo aspetto in Liguria, nel
Lazio
e nelle isole, lo pongono tra i 7900 e 7300 anni da oggi.
I
confronti più immediati sono quelli con l’area dell’arco ligure provenzale e
con
le
isole maggiori, i rapporti con le quali sono confermati anche dal rinvenimento
di
concentrazioni di ossidiane lungo il cordone di dune costiere tra Pisa e
Livorno
[1].
Si tratta di varie centinaia di manufatti, provenienti dalle tre aree di
produzione
dell’ossidiana
del Mediterraneo occidentale, cioè Lipari, Palmarola e il Monte Arci
in
Sardegna. La presenza di ossidiana sarda e la somiglianza delle ceramiche
impresse
toscane
con quelle sarde e corse pongono quindi con ampio risalto il problema della
diffusione
del Neolitico nell’area medio e alto tirrenica e quello delle possibili vie
marittime
di comunicazione. La costa pisano livornese sembra essere stata un punto di
approdo
di tre diverse rotte e, per quanto concerne i rapporti con la Sardegna,
verrebbe
ad
essere confermata l’ipotesi di una rotta Sardegna - Corsica - Elba - costa
toscana,
come
il tragitto più breve verso il continente e che si sarebbe poi diretta verso
Nord,
come
testimoniano le ossidiane sarde rinvenute nelle regioni settentrionali italiane
e in
Francia
meridionale, mentre la presenza di ossidiane liparesi e pontine anche all’Isola
del
Giglio e Pianosa indica contatti con il meridione d’Italia e conferma
l’importanza
delle
isole in una rete di scambi che collegava aree distanti [27].
La
Toscana quindi, durante il Neolitico antico, fa parte di un’ampia area
culturale
decisamente
rivolta verso occidente mentre scarsi sono gli apporti dalle aree culturali
meridionali
e medio-adriatiche.
Il
momento successivo del neolitico è rappresentato da una ceramica decorata a
linee
incise che si situa in un arco di tempo compreso tra i 7500-7200 anni da oggi
ed
è
diffusa, con aspetti locali, in Veneto, Emilia, Toscana e Lazio [6], [14],
[17], [19].
La
Toscana ha restituito testimonianze piuttosto importanti: nell’areale Nord, in
vari
siti
della Garfagnana, nel sito di abitato di Mileto presso Firenze e nel territorio
pisano
sono
stati rinvenuti materiali che indicano precisi contatti con la cultura di
Fiorano
dell’area
padana. Nel senese si sviluppa invece un aspetto particolare individuato alla
Grotta
dell’Orso di Sarteano e in altre grotte, che si discosta, per alcune differenze
delle
forme vascolari e delle decorazioni, sia dall’aspetto di Fiorano sia da quelli
laziali
denominati
del Sasso di Furbara [4], [12], [17], e di Montevenere, quest’ultimo anche
con
ceramiche dipinte. Frequentazioni sono attestate anche lungo la costa e
nell’isola
di
Pianosa [ 27].
Viene
così a delinearsi un’area che ha contatti con il Lazio ma che recepisce nel
IL
NEOLITICO E L’ETÀ DEI
METALLI IN TOSCANA 201
frattempo
elementi sia da Nord sia dall’Italia centrale adriatica, come è attestato dalla
presenza
di ceramiche dipinte delle culture abruzzesi di Catignano e di Ripoli nel sito
di
abitato di Pienza e in alcune grotte toscane e umbre e che testimoniano quindi
una
vasta rete di contatti, lasciando intravedere l’esistenza di una più ampia
diffusione
del
neolitico nella regione. Mentre per il periodo precedente non abbiamo fi nora
in
Toscana
e nel Lazio dati sulle sepolture, ora si conoscono alcune testimonianze
funerarie
da
grotte, con presenza di macine spalmate di ocra rossa, oggetti di ornamento come
anelloni
e pendagli in pietra od osso e, nelle zone al confi ne con Lazio e Umbria, si
hanno
deposizioni cultuali di vasi attorno a laghetti o sotto fonti di stillicidio in
grotte
labirintiche.
[8]
Ben
documentato è il momento successivo del neolitico, soprattutto nella Toscana
settentrionale,
con aspetti riferibili alla cultura di origine francese di Chassey e a
quella
della Lagozza dell’Italia settentrionale, che hanno un’ampia diffusione
nell’Italia
settentrionale
e centrale. Questi aspetti sono caratterizzati da ceramiche nere lucide, con
decorazioni
a graffi to fi ne e anse tubolari spesso disposte in serie [14,19]. Conosciamo
per
ora resti nelle grotte e ripari della Versilia e del pisano e alcuni siti di
abitato tra Pisa
e
la zona di Firenze tra cui l’importante sito di Podere Casanova a Pontedera
[4], con
testimonianze
anche lungo la costa e nel senese. In questo momento quindi la Toscana
gravita
soprattutto verso le aree settentrionali e verso quella ligure, pur avendo
rapporti
con
le aree meridionali da cui recepisce infl ussi della cultura di Diana in forte
espansione
verso
Nord, forse per il notevole incremento del traffi co dell’ossidiana di Lipari.
Abbiamo
un’interessante testimonianza relativa a culti nella Grotta del Leone presso
Pisa
dove erano circoli di pietre con ossa umane e un focolare con deposizione di
grano
e
orzo: questo tipo di rituale è noto anche in altre grotte dell’Italia centrale
(come nella
Grotta
dei Piccioni in Abruzzo) e meridionale ed è legato forse a cerimonie in
funzione
dell’agricoltura.
Le date disponibili indicano gli ultimi secoli del IV millennio a.C.
2.
L’età del rame
Alla
relativa scarsità di dati per il neolitico si contrappone la documentazione
più
ricca e varia delle culture eneolitiche, caratterizzate dalla presenza del
rame, dalle
sepolture
collettive in grotticelle artifi ciali e dall’abbondanza di cuspidi di freccia
e armi
in
pietra levigata, che attestano un più intenso popolamento della regione durante
il III
millennio
a.C. [10,11]. Questo millennio rappresenta un momento di grandi impulsi e
novità
in tutto l’occidente Mediterraneo, con l’arrivo della metallurgia, già
ampiamente
nota
in Vicino Oriente, e di nuove ideologie, riscontrabili nei mutamenti del
rituale
funerario
e nelle raffi gurazioni di armi e simboli solari nell’arte rupestre dell’arco
alpino
e
sulle statue stele [2]
E’importante
notare il cambiamento nel rituale funerario che durante il neolitico
era
caratterizzato da sepolture singole in fossa con corredi di vasi e macine e che
ora
vede
apparire nelle sepolture collettive pugnali e accette di rame, asce martello in
pietra
levigata,
cuspidi di freccia in selce, collane di grani di pietra o conchiglia, vasi e
talvolta
202
PIANETA GALILEO
2006
resti
di cani.
L’età
del rame in Toscana [10,11] è nota soprattutto da sepolture, sia in grotte
naturali
sia in grotticelle artifi ciali «a forno». Le grotte naturali furono utilizzate
a scopo
funerario
nella Toscana settentrionale e nel Senese grossetano.
Nella
valle del fi ume Fiora e nel Grossetano giunsero gruppi appartenenti alla
cultura
di Rinaldone, diffusa in Toscana meridionale e nel Lazio, e che si
differenziano
sia
nel tipo di struttura funeraria caratterizzato dall’uso di tombe a grotticella
artifi ciale,
che
nella produzione materiale, di cui tipico è il vaso a fi asco [21].
Rimane
aperto il problema delle tombe a fossa, distribuite tra le Colline Metallifere,
il
senese e l’Umbria, più vicine al mondo di Rinaldone per la presenza di armi
litiche e
metalliche
nei corredi, ma il cui rapporto con gli altri aspetti è ancora da defi nire.
Gli
abitati sono meno noti, ma a Sesto Fiorentino è attestata una lunga
frequentazione
in
villaggi piuttosto grandi dal neolitico medio e recente fi no alla fi ne del
periodo,
caratterizzato
dalla presenza, in tutta Europa, della cultura del Vaso Campaniforme [26].
Le
ceramiche eneolitiche sono caratterizzate dalla presenza di vasi a fi asco,
ciotole e tazze
carenate
e da ceramiche dalla superfi cie trattata a spazzola o a squame di argilla
[19].
Si
tratta quindi di un mondo che si sviluppa e articola in vario modo nell’arco
del III
millennio
a.C. e i cui rapporti con le altre aree culturali sono connessi con i
particolari
ambienti
geografi ci. Infatti, la Toscana nord occidentale ha più stretti rapporti con
l’ambiente
ligure provenzale e con la Valpadana: un’importante area di collegamento
con
queste regioni è costituita dall’eccezionale concentramento di statue stele
nella
Lunigiana,
in cui la valle del fi ume Magra è di estrema importanza per i collegamenti
tra
Toscana, Liguria e Valpadana. La Toscana meridionale vede invece rapporti con
le
culture
meridionali e adriatiche: l’intenso popolamento durante l’età del rame ha fatto
più
volte avanzare l’ipotesi che esso fosse dovuto alla ricchezza mineraria della
regione
e
collegato quindi con la ricerca di minerali e con attività estrattive [11].
Abbiamo
scarsi
dati in proposito ma tracce di antiche miniere di rame erano a Libiola presso
Sestri
Levante, dove nel secolo scorso furono rinvenuti strumenti in pietra e legno
(un
piccone in legno è stato recentemente datato col C14 a 2540+ 90 a.C.) Si hanno
poi
tracce di antiche miniere o rinvenimenti di manufatti in rame a Monte Loreto
in
Liguria, presso Arezzo, a Campiglia Marittima e a Massa Marittima. Cunicoli che
seguivano
i fi loni di cinabro erano nelle miniere di mercurio del Monte Amiata e anche
in
essi furono rinvenuti strumenti da miniera, ma sono più sicuramente
attribuibili al
neolitico.
Che
l’attività mineraria fosse ampiamente esplicata è arguibile, per la Toscana,
dall’alto
numero di asce e pugnali in rame rinvenuti su tutto il territorio regionale e
particolarmente
nelle zone minerarie. La Toscana offriva infatti una discreta quantità
di
minerali (in particolare rame e antimonio) e si possono notare concentrazioni
nel
Massiccio
Apuano, nelle Colline Metallifere, nella zona di Massa Marittima e Gavorrano
fi
no al fi ume Fiora. Altre presenze di rame e antimonio sono all’Argentario e al
Monte
Cetona
e vi è rame all’Elba e nel territorio tra Prato e Arezzo.
IL
NEOLITICO E L’ETÀ DEI
METALLI IN TOSCANA 203
La
Toscana quindi, pur non raggiungendo l’importanza di altre zone minerarie
europee,
dovette senz’altro attirare l’attenzione dei ricercatori di minerali. Ci manca
però,
esclusi il villaggio minerario di Campiglia [13] e quelli di Sesto Fiorentino
[26],
una
buona documentazione sugli abitati e sulle attività economiche di base legate
comunque
ad attività di tipo agricolo, all’allevamento del bestiame e alla pastorizia.
Alla
ricerca di materie prime si possono collegare, oltre ai manufatti in selce e
pietra
levigata, anche le offi cine di lavorazione della steatite per produrre
elementi di
ornamento,
rinvenute nel Livornese e nella Liguria orientale.
Come
si è detto,conosciamo poco i siti di abitato, meglio noti nel Lazio,
ma,considerando
anche le raccolte di superfi cie in siti distrutti dai lavori agricoli ed
edilizi
e le grotte, si può rilevare come i gruppi eneolitici avessero una preferenza
per
gli
insediamenti in zone comprese tra 0 e 300 metri di altitudine, con la maggior
parte
dei
siti in pianura o su basse colline e in minore quantità sui rilievi attorno ai
400-500
metri,
mentre rare sono le testimonianze nelle zone più elevate. I villaggi sono in
genere
situati
in prossimità dei corsi d’acqua o in zone umide [9].
Nella
Toscana settentrionale, lungo la valle del Serchio e in numerose grotte e
ripari
della
Versilia, oltre alle grotte usate per sepolture, esistono tracce di
frequentazione
stagionali
dovute ad attività di caccia, pascolo o transito lungo i percorsi montani, che
ci
permettono di identifi care percorsi verso l’Arno e il mare da un lato, e verso
l’Emilia
dall’altro,
seguendo passaggi attraverso l’Appennino. Uno dei più importanti era
sicuramente
la Lunigiana, dove le numerose statue stele testimoniano un popolamento
intenso
con un’organizzazione sociale complessa.
La
costa della Toscana nord occidentale mostra tracce di insediamenti nella
periferia
di
Pisa, lungo la via che porta verso Lucca, e lungo la costa fi no a Livorno [1,28],
purtroppo
distrutti da lavori agricoli e di urbanizzazione: questi siti controllavano
sicuramente
i percorsi che, seguendo la costa, collegavano i distretti minerari delle
Apuane
a quelli delle Colline Metallifere. A Campiglia è stato scoperto un sito con
segni
evidenti della lavorazione del rame che proveniva dalle vicine miniere [13].
Altri
percorsi sono individuabili lungo la valle dell’Arno che dalla costa conduceva
alla
conca di Firenze dove esiste un’importantissima documentazione sul popolamento
della
zona dal neolitico all’età del Bronzo:a via Leopardi sono acciottolati che
appartengono
a strutture allungate, tipologia che continuerà per tutto l’eneolitico fi no
al
Campaniforme, periodo per il quale si conoscono, a Querciola e Semitella, oltre
agli
acciottolati, anche buche di palo delimitanti capanne, fosse e focolari. Si
tratta di
siti
molto estesi, di almeno 1000 mq e si sono potute evidenziare, grazie alle
analisi
dei
pollini e dei macroresti vegetali, tracce evidenti di disboscamento per facilitare
le
attività
agricole e di allevamento [26].
Analizzando
le carte di distribuzione dei rinvenimenti [9], si nota che lungo tutti
i
fi umi, maggiori e minori, ci sono presenze dell’età del rame determinate in
massima
parte
dalle risorse minerarie e dalla produttività dei terreni ma anche dalla
facilità di
comunicazione
che le valli fl uviali permettevano tra le varie zone della regione. Tra le
204
PIANETA GALILEO
2006
valli
più importanti vanno ricordate la Val d’Orcia che conduce al Valdarno, al Monte
Cetona
e verso l’Umbria, la Val di Cecina che si dirige verso Volterra e la Valdera, e
la
valle
dell’Ombrone. In tutte queste zone sono state rinvenute grotte e tombe a fossa
con
sepolture provviste di pugnali e asce in rame, di teste di mazza e asce in
pietra
levigata,
e di cuspidi di freccia. Un’altra valle assai importante è quella del fi ume
Fiora
che
segna l’attuale confi ne tra Toscana e Lazio e che conduce ai distretti
minerari del
Monte
Amiata: in questa valle sono numerosissime le piccole necropoli di tombe a
grotticella
artifi ciale della cultura di Rinaldone [21].
Si
può quindi parlare di un popolamento massiccio, che investe anche l’isola
d’Elba
e
in parte anche le altre isole dell’Arcipelago toscano, popolamento legato senza
dubbio
alla
ricchezza mineraria e ad un ambiente assai favorevole, con pianure fertili e
zone
umide,
basse colline, una rete di fi umi che permetteva facili passaggi attraverso
tutta la
regione
e una serie di approdi che aveva sempre agevolato i contatti transmarini.
Per
conoscere però meglio le tipologie di abitato bisogna ricorrere ai siti
recentemente
scoperti
nel Lazio, dove l’insediamento si sviluppò soprattutto sulle colline a nord di
Roma
o in prossimità di piccoli corsi d’acqua nell’attuale periferia della città.
Il
sito che ha fornito maggiori informazioni, sia sulle strutture abitative sia
sulle
forme
di economia è quello di Le Cerquete di Fianello, nella piana di Maccarese a
nord
di Roma, piana bonifi cata nel secolo scorso ma che era fi no ad allora paludosa,
con
piccoli laghi e una ricchissima vegetazione[18]. Il suolo fertile e le numerose
risorse
offerte dagli ambienti umidi permisero lo sviluppo di una comunità che abitava
in
grandi capanne delimitate da buchi di palo, con focolari, piccoli porticati e zone
riservate
al bestiame, silos per la conservazione delle derrate. Le ceramiche
dell’abitato
sono
diverse da quelle che si ritrovano generalmente nei siti sepolcrali e sembrano
appartenere
a quella koiné culturale che caratterizza tutta l’Italia centro meridionale,
con
ceramiche a superfi ci scabre o decorate a incisioni e a punteggio, e che
collega il
Lazio
e la Toscana con le culture meridionali di Gaudo e Laterza. Quest’ultima,
tipica
della
Puglia e della Basilicata, giunge fi no all’altezza del Tevere con veri e
propri villaggi,
ma
elementi tipici della cultura si trovano in Toscana e fi no in Liguria
occidentale,
testimoniando
quindi un’intensità di contatti tra aree lontane
La
presenza di pesi da telaio e di bollitoi indica un’economia la cui base fondamentale
è
agricola con una forte componente di allevamento, con bovidi, ovicaprini e
suini. È
possibile
che la pratica della transumanza abbia giocato un ruolo importante per i
contatti
tra le diverse culture della penisola, con scambi non solo di materie prime e
di
oggetti
di pregio, quali i manufatti in metallo, ma anche per la circolazione di idee.
In
una grande fossa era stato sepolto un cavallo coperto da due cuccioli di cane:
si
tratta
di una delle più antiche testimonianze in Italia della domesticazione del
cavallo
e
la deposizione dei cani fa parte di un rituale noto fi n dal neolitico nelle
sepolture.
Una
sepoltura di bovide era invece a Semitella presso Firenze [26],e anche questa
ci
fa
intravedere un mondo spirituale complesso che comprende numerosi simboli (soli,
tori,
armi, personaggi armati raffi gurati nelle statue stele) dai quali sembra
emergere
IL
NEOLITICO E L’ETÀ DEI
METALLI IN TOSCANA 205
un’ideologia
legata ad un mondo in cui i personaggi maschili armati potrebbero indicare
un
mutamento nelle strutture sociali, con la presenza di capi guerrieri.
3.
L’età del bronzo
Nel
momento fi nale dell’Età del Rame, alla fi ne del III millennio, cominciano ad
apparire,
come si è accennato, elementi nelle forme vascolari che preludono alla prima
Età
del Bronzo, quali vasi di tipo biconico e alte anse sopraelevate sugli orli, ma
è
diffi
cile porre nette cesure tra i due periodi. L’antica età del Bronzo, agli inizi
del II
millennio,
è documentata in Toscana da ripostigli di bronzi, soprattutto asce e panelle,
presenti
nel grossetano, nel senese e nel territorio settentrionale. Si hanno poi varie
tracce
di abitati in ripari o all’aperto lungo le coste e le valli interne di
collegamento
che
indicherebbero un popolamento piuttosto intenso del territorio e che sono forse
da
porre
di nuovo in rapporto con le aree minerarie [19,28].
Per
il Bronzo antico si conosce una concentrazione di siti nella piana di Sesto
Fiorentino
e sulle colline intorno a Firenze, siti che si pongono in continuità con quelli
del
Vaso campaniforme, in una zona, come si è visto, ottimale per l’insediamento.
Nel
resto
della regione vi sono molto siti, all’aperto o in grotta, molti dei quali
continuano
fi
no al Bronzo fi nale, soprattutto nella Toscana meridionale e nell’Alto Lazio:
sono
situati
di preferenza tra 0 e 50 metri di altitudine, lungo e le coste e sulle pendici
delle
basse montagne subcostiere. I ripostigli di bronzi sono 11, situati lungo le
vie di
comunicazione
(le cosiddette vie dei ripostigli); la più importante è quella: Albegna,
valle
del Fiora, Monte Amiata, che porta alla Val d’Orcia e all’Amiata. Un’altra
serie
di
ripostigli si trova lungo la costa da Livorno a Campiglia e tutte e due indicano
chiaramente
percorsi tra zone minerarie. Due depositi isolati sono invece sul Monte
Verruca
(Pisa) e presso Lucca. Il signifi cato di questi ripostigli è molto discusso e
sono
interpretati
sia come depositi votivi che come riserve di materia prima [28].
Ad
un momento di poco posteriore, situabile intorno alla seconda metà del II
millennio
a.C., tra il XVI e il XV secolo a.C. appartiene un aspetto culturale degli
inizi
della media età del bronzo, precedente la facies appenninica
vera e propria diffusa
lungo
tutta la dorsale appenninica e caratterizzata da ceramiche riccamente decorate
ad
incisione e intaglio, testimoniato in Versilia, nel pisano, in Mugello, nel
senese e
nella
Maremma. Le evidenze a nord dell’Arno, in ripari, grotte e abitati all’aperto
si
differenziano
da quelle della Toscana centro meridionale per una maggiore somiglianza
con
gli ambienti dell’Italia settentrionale, ma vi sono anche connessioni con
ambienti
meridionali,
per cui sembra che la Toscana partecipasse attivamente al vasto processo di
diffusione
delle culture della media età del bronzo nell’Italia centro settentrionale
[22].
La
civiltà appenninica è ben documentata nel senese - grossetano dove ha evidenti
contatti
con l’Umbria e il Lazio. Si conoscono alcuni abitati di notevole entità, quale
Scarceta
presso Manciano [23], con grandi capanne rettangolari, gli insediamenti
all’aperto
e in grotta di Belverde sul Monte Cetona e vari siti lungo tutta la costa e
nelle
isole. Sulle sponde dei laghi nel Lazio e in Abruzzo si affermano le palafi
tte,
206
PIANETA GALILEO
2006
analogamente
a quanto succedeva in Italia settentrionale.
Per
quanto riguarda il resto della regione la Toscana settentrionale sembra poco
toccata
dai grandi movimenti culturali, non solo della facies appenninica, ma anche
da
quelli del Bronzo recente (subappenninico, XIII - XII sec. a.C.), che sono invece
notevolmente
fi orenti nell’Italia centro meridionale, dove tra l’altro, durante tutta l’Età
del
bronzo media e recente, ebbero notevole importanza i contatti col mondo miceneo
[22,23].
Tuttavia alcune tracce più consistenti stanno ora emergendo, oltre che nel
senese,
lungo la valle dell’Arno e lungo le coste ed è probabile che ricerche intensive
portino
all’individuazione, anche in Toscana, di numerosi stanziamenti di questo
periodo.
Durante il Bronzo medio si nota comunque una più consistente ricchezza
dovuta
ad un’economia agricolo - pastorale più evoluta e a nuovi artigianati del
metallo
e
di altre materie prime.
Molti
siti si trovano lungo i fi umi e lungo la costa: nella Toscana del Nord varie
grotte
nella valle del Serchio e della Versilia sono ancora frequentate e indicano
passaggi
dovuti
alla transumanza e al pascolo stagionale, attività testimoniate anche da
utensili
collegabili
alla lavorazione del latte, come bollitoi e mestoli. L’aspetto della civiltà
appenninica
è noto in queste zone della Toscana come facies di Grotta Nuova. Vari siti
si
trovano nella piana fi orentina e lungo tutta la valle dell’Arno [16,19].
Nel
resto della regione si conoscono veri e propri insediamenti con tipologie di
abitato
assai diversifi cate: le strutture abitative sono in genere grandi capanne con
muretti
in pietre e alzato sorretto da pali con pareti probabilmente in frascame e
pavimenti
in terra battuta. Sia i villaggi che le grotte occupano luoghi compresi tra 0 e
200
metri di altitudine (con l’eccezione delle grotte del Monte Cetona tra 500 e
600
metri).
Nella Toscana del Sud e nel Lazio del Nord sono più frequenti i siti su
terrazzi
fl
uviali o su alture isolate e mostrano sovente una continuità di insediamento fi
no al
Bronzo
fi nale e talvolta fi no al periodo etrusco. I siti lungo la costa si trovano
in genere
in
prossimità di piccoli golfi e di approdi e sono anch’essi abbastanza numerosi;
anche
le
isole sono occupate con piccole fortezze su alture dominanti il mare.
All’Isola
del Giglio sono state evidenziate strutture con buche di palo scavate nella
roccia
[5] e anche a Pianosa è stata trovata una grande capanna delimitata da blocchi
di
pietre, su uno sperone roccioso che controllava le rotte marittime tra la
Corsica e
la
Toscana. Anche all’isola d’Elba sono siti fortifi cati sulle pendici del Monte
Giove.
Queste
scelte insediamentali indicano quindi una forte organizzazione del territorio
che
controllava gli approdi e le rotte, probabilmente collegata agli scambi di rame
e
stagno
con siti in posizione strategica di controllo e di difesa.
Durante
il Bronzo medio si sviluppa anche il fenomeno delle grotte cultuali e si
possono
distinguere anche culti resi alle acque correnti di grotta, alle acque dei
laghi,
dei
fi umi e delle sorgenti ed anche ai fenomeni di vulcanesimo secondario, questi
ultimi
molto frequenti soprattutto nel Lazio e lungo le dorsali appenniniche. Si
tratta
in
genere di offerte di vasi, cereali e legumi, ma anche di oggetti di pregio in
bronzo. In
particolare
si possono ricordare le numerose spade di bronzo rinvenute nei fi umi e nei
IL
NEOLITICO E L’ETÀ DEI
METALLI IN TOSCANA 207
laghi
dell’Italia centro settentrionale [8]
Nel
corso del Bronzo recente e fi nale si assiste in modo più evidente al sorgere
di
centri importanti che sembrano controllare territori ben defi niti: c’è, in
effetti, un
aumento
dei siti lungo la costa da Pisa a Civitavecchia e un dato assai interessante è
quello
relativi a siti per la produzione del sale, come quello di Coltano presso Pisa
[12],
e
altri che si stanno scoprendo tra Orbetello e Tarquinia.
La
distribuzione degli insediamenti in rapporto all’altitudine vede una certa
standardizzazione
attorno ai 150-300 metri, molto spesso in posizione dominante e
fortifi
cata naturalmente, sempre in prossimità di corsi d’acqua e su terrazzi. Diviene
quindi
più comune la frequentazione delle alte colline e della bassa montagna, con
episodi
di insediamento anche a 800 metri come sulla vetta del Monte Cetona o come
i
«castellari» della Toscana settentrionale e della Liguria, situati su alture
dominanti i
passaggi
delle zone montuose.
Per
quanto riguarda le tipologie di abitato, una bella documentazione è offerta dal
sito
di Scarceta di Manciano,[25] che ha origine nel Bronzo medio (facies di Grotta
Nuova):
a questo periodo appartiene una capanna subrettangolare di 10x40 metri, con
pavimento
in terra battuta e un focolare in argilla. Nel Bronzo recente (XIII sec.a.C.)
è
stata costruita, su un terrazzamento delimitato da una parete di roccia e da un
muro
difensivo,
una grande capanna ellittica di 21x10 metri, delimitata da grandi blocchi e
con
un grande focolare all’interno. Ad un’estremità erano moltissimi fornelli in
terracotta
e
nel deposito sono stati trovati dolii da derrate e frammenti di ceramica
micenea,
indice
di traffi ci e contatti a lunga distanza. Accanto alla capanna era una
costruzione
più
piccola divisa in due ambienti in cui era un’offi cina per la forgia e la lavorazione
del
bronzo. Questo tipo di struttura è noto anche in villaggi coevi della Puglia e
della
Sicilia,
in cui la lavorazione del metallo è chiaramente un’attività domestica.
Durante
il Bronzo fi nale (XI-X sec.a.C.) a questa capanna se ne sovrappose un’altra
più
piccola, tripartita, con focolari tutto attorno al perimetro di quella
precedente.
Anche
in questa era un ambiente per la lavorazione del bronzo, della faïence (pasta
vitrea),
del corno e dell’osso.
Alla
fi ne del Bronzo fi nale il sito fu abbandonato per spostarsi a pochi
chilometri di
distanza
nelle località di Poggio Buco e di Sorgenti della Nova [20].
Il
Bronzo fi nale (o protovillanoviano) vede, tra l’XI e il X secolo a.C.,
apparire in
tutta
la regione vari centri importanti che controllavano territori defi niti: nuovi
villaggi
sorgono
lungo l’Arno e sulla costa, indicando ancora una volta scelte in relazione alle
zone
minerarie. A Pisa sono state trovate capanne circolari delimitate da buche di
palo
là
dove il Serchio confl uiva nell’Arno e forse controllava una rete di siti più
piccoli lungo
la
costa; sicuramente c’era un rapporto col grande centro di Fossanera presso
Lucca [3]
dove
arrivavano infl uenze padane della grande civiltà di Golasecca, e con i siti
liguri.
Va
ricordata anche la palafi tta di Stagno presso Livorno, vi erano inoltre centri
quali
Volterra
che controllava la Val di Cecina [28] e Fiesole che indica l’abbandono della
piana
fi orentina per spostare l’abitato sulle colline. Nella Toscana meridionale,
oltre al
208
PIANETA GALILEO
2006
già
citato Sorgenti della Nova, abbiamo Talamone e, nel Lazio una serie di centri
sui
Monti
della Tolfa presso Civitavecchia. Tutti questi insediamenti annunciano la
nascita
del
protourbanesimo e molti di essi diventeranno città etrusche.
Di
questo intenso popolamento si hanno testimonianze importanti nella valle del
Fiora,
lungo la costa e nell’interno, sia con insediamenti sia con necropoli (tombe a
tumulo
nella
valle del Fiora e ad incinerazione a Villa del Barone a Sticciano Scalo) e con
ricchi
ripostigli
di bronzi nel livornese e a Massa Carrara. Si può vedere una differenziazione
nella
tipologia degli abitati, che possono essere su alture difese naturalmente
nell’Alto
Lazio
e costieri in Toscana, ma situati sempre lungo vie di collegamento e di
controllo
posti
tra 0 e 150 metri, anche se non è possibile ancora per la nostra regione
impostare
un
discorso complesso riguardante le divisioni territoriali e l’esistenza di clan
gentilizi,
come
è stato possibile invece per il Lazio e per l’Italia meridionale. E’
interessante
notare
la segnalazione di vari siti costieri, da Pisa al Lazio, con presenza di
frammenti
di
grandi dolii per derrate: questo fenomeno, noto soprattutto in Italia
meridionale e
sulle
coste adriatiche, è legato all’accumulo di risorse (olio, grano, vino e forse
anche
a
prodotti conservati sotto sale) e alla loro redistribuzione, ciò che
indicherebbe una
forma,
anche semplice, di organizzazione economica con divisione in classi sociali.
L’esistenza
di classi dominanti durante l’età del bronzo è individuabile anche in vari tipi
di
tombe monumentali con corredi ricchi di armi e monili. Aumenta, infatti,
rispetto
al
Bronzo medio e recente, la circolazione di manufatti di bronzo quali spade,
asce,
coltelli,
rasoi, spilloni, ornamenti, e di oggetti di uso domestico e di beni di
prestigio
quali
l’ambra, le perle di faïence, ecc.
L’area
di contatti culturali che si intravede per tutta l’età dei metalli pone quindi
il
problema dell’esistenza di una vasta rete di scambi sia a Nord che a Sud, che
si
evidenziano
soprattutto nelle zone di confi ne ligure, laziale e umbro e non è escluso
che
anche durante l’età del bronzo una risorsa economica importante continuasse ad
essere
l’attività mineraria ma ci mancano, purtroppo, maggiori informazioni relative a
vaste
aree pressoché inesplorate, soprattutto nella Toscana interna e mancano ancora
molti
dati sugli insediamenti, fondamentali per una corretta ricostruzione delle
culture
e
del loro evolversi.
IL
NEOLITICO E L’ETÀ DEI
METALLI IN TOSCANA 209
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