Nella grammatica
italiana è spesso fonte di dubbi la
corretta grafia del femminile plurale delle parole terminanti in -cia e -gia,
a causa del valore che può assumere
la lettera i:
- se la i è tonica formano il plurale (regolarmente) sempre in -cie e -gie;
(farmacìa → farmacìe; bugìa → bugìe)
- se, invece, la i è atona , l'attuale regola grammaticale vuole che:
- la si conservi, se la consonante è immediatamente preceduta da una vocale , quindi -cie, -gie (acacia → acacie; battigia → battigie)
- la si sopprima, se la consonante è immediatamente preceduta da un'altra consonante , quindi -[C]ce,[C]ge.(provincia → province; spiaggia → spiagge)La seconda regola grammaticale (nº 2) si è imposta soltanto dalla seconda metà del XX secolo; tuttavia anche i plurali basati sul precedente criterio etimologico (Lat. provincia(f) > provincie), essendo l'attuale norma una sua semplificazione, vengono - o dovrebbero essere - generalmente accettati in qualità di grafie alternative, e indicati dai dizionari poiché appartenenti alla tradizione letteraria italiana.Sono, invece, errate tutte le grafie in deroga all'attuale norma grammaticale (o che non trovano giustificazione neppure secondo il criterio etimologico).
la sillaba “sce” si scrive
sempre senza “i” tranne in alcuni casi.
Ecco le eccezioni:
Convalescenza è una parola composta da cum+valesco (intensivo di valeo= star bene). Non vuole la i perché anche in latino non l'aveva.
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