L'assiuolo
Dov'era la luna? Ché il cielo
nuotava in un'alba di perla,
ed ergersi il mandorlo e il melo
parevano a meglio vederla.
Venivano soffi di lampi
da un nero di nubi laggiù;
veniva una voce dai campi:
chiù...
Le stelle lucevano rare
tra mezzo alla nebbia di latte:
sentivo il cullare del mare,
sentivo un fru fru tra le fratte;
sentivo nel cuore un sussulto,
com'eco d'un grido che fu.
Sonava lontano il singulto:
chiù...
Su tutte le lucide vette
tremava un sospiro di vento:
saquassavano le cavallette
finissimi sistri d'argento
(tintinni a invisibili porte
che forse non s'aprono più?...)
e c'era quel pianto di morte...
Chiù...
Posa il meriggio su la prateria.
Non ala orma ombra nell'azzurro e verde.
Non fumo al sole biancica; via via
fila e si perde
Ho nell'orecchio un turbinìo di squilli,
forse campani di lontana mandra;
e, tra l'azzurro penduli, gli strilli
della calandra.
E cielo e terra si mostrò qual era:
La terra ansante, livida, in sussulto;
il cielo ingombro, tragico, disfatto:
bianca bianca nel tacito tumulto
una casa apparì sparì d'un tratto;
come un occhio che, largo,esterefatto,
s'aprì si chiuse, nella notte nera.
Il gelsomino notturno (dai Canti di Castelvecchio).
E s’aprono i fiori notturni ,
nell’ora che penso ai miei cari.
Sono apparse in mezzo ai viburni
Le farfalle crepuscolari.
Da un pezzo si tacquero i gridi:
là sola una casa bisbiglia.
Sotto l’ali dormono i nidi ,
come gli occhi sotto le ciglia.
Dai calici aperti si esala
L’odore di fragole rosse.
Splende un lume là nella sala.
Nasce l’erba sopra le fosse.
Un’ape tardiva sussurra
Trovando già prese le celle.
La Chioccetta per l’aia azzurra
Va col suo pigolio di stelle.
Per tutta la notte s’esala
L’odore che passa col vento.
Passa il lume su per la scala;
brilla al primo piano: s’è spento…
È l’alba: si chiudono i petali
Un poco gualciti ; si cova,
dentro l’urna molle e segreta ,
non so che felicità nuova.
Anche questa composizione si presenta come un quadro impressionistico costruito sul piano visivo con i colori del nero, rosso e bianco (della casa e delle nubi), cui si aggiunge il piano uditivo per mezzo di quel bubbolìo, che è parola onomatopeica.
Sul piano simbolico il casolare appare come l’unico riparo alla violenza del temporale, poichè richiama, per analogia, al tema della casa e della famiglia, insomma al “nido”; del resto anche il casolare richiama per analogia all’ala bianca di un gabbiano. Contro il nero (temporale-morte) c’è un solo riparo: il casolare (famiglia-nido)
L’effetto cupo è reso con evocazioni di spazi lontani e indefiniti (lontano, a monte, a mare)e di colori rosso sangue, ma il participio affocato non evoca solo il rosso del fuoco, ma anche il caldo soffocante: è una sinestesia
Il gabbiano dell’ultimo verso è stato richiamato per analogia dal biancore della casa e potrebbe costituire una nota positiva finale, ma nel sistema simbolico del Pascoli (che guarda alle cose con gli occhi di un bambino) gli uccelli costituiscono un legame misterioso con il mondo dei morti.
La descrizione angosciosa del temporale è resa non solo per mezzo di pennellate di colori forti (quelli usati dai bambini) ma anche con l’accumularsi di elementi senza un centro ( non c’è un verbo che dia una struttura logica alle diverse “pennellate”);così la Natura, cioè la realtà, appare come una trama di apparenze frammentate, che richiamano a significati segreti ( morte-vita) intuibili solo per analogie irrazionali.
La paratassi usata nella composizione è lo strumento stilistico più adatto ad esprimere l’irrazionalità.
Analisi di “ Dall’argine”
La natura è un’apparenza serena, che nasconde inquietanti segreti.
Ancora un bozzetto impressionistico: un paesaggio “dipinto” con i colori dell’azzurro del verde e del bianco. La descrizione non è solo visiva, nella seconda parte del componimento le “pennellate” sono uditive. Nell’ultimo verso le due sensazioni sono unite nella sinestesia di “strilli penduli”. La composizione mantiene uno schema ordinato: si tratta di tre endecasillabi più un quinario, con rima ABAB CDCD; ma l’ordine metrico non ha rispondenza nella sintassi, che è ancora una volta paratattica, con accostamenti senza congiunzioni.
Il primo verso presenta una personificazione del meriggio che si adagia sul prato.
Il secondo verso è ellittico poichè manca il verbo essere ( non ci sono uccelli nel cielo, orme e ombre nel prato).
Il terzo verso richiama al tema della casa abitata ( che si pone tra la terra e il cielo ) e quindi del nido; sono presenti assonanze ripetute: (ci,vi,vi,fi,si).
La seconda parte del componimento introduce ai suoni che sono squilli e strilli, nonostante si tratti di campane lontane e allodole che cantano. Il poeta ha scelto di connotare questi rumori con “pennellate foniche” inquietanti che sono i suoni duri dello Squi e Stri, cui si aggiunge l’immagine-suono del verso dell’allodola , che è sospesa tra terra e cielo.
Del resto sappiamo che nel sistema simbolico del Pascoli gli uccelli sembrano portare sempre misteriosi messaggi di morte.
L’inizio del componimento è realizzato con una E, che lascia presupporre qualcosa di accaduto prima che la natura avesse questo aspetto tragico: sembra l’ultima scena di una storia che si conclude tragicamente.
La prefazione al brano, comparsa nella terza edizione delle Myricae, ma poi rimasta inedita, ci guida nella interpretazione; si tratta degli attimi che precedettero la morte del padre e il lampo è quello della fucilata che lo uccise.
Il primo verso ci dice che in quel momento, finalmente, si ebbe l’apparire della verità, che consisteva appunto in una realtà tragica, con una breve illuminazione consolatoria (la casa) dopodiché ci fu solo la morte.
La natura è descritta sul piano simbolico e gli aggettivi non offrono nessuna possibilità di essere oggettivati con colori o dimensioni. Il cielo e la terra sono personificati e appaiono come sorpresi nella notte nera da un lampo di luce ( gli aggettivi posti in climax offrono l’adito per analogie erotiche di tipo drammatico, come sempre nell’immaginario del Pascoli).
La casa che appare e sparisce, così fulmineamente, come un occhio che si apre e si chiude, è l’espressione dell’apparire di una temporanea consolazione, destinata a scomparire nella notte nera. Certo il lampo è rivelatore di qualche verità nascosta, che agli occhi del bambino Pascoli appare solo per un attimo, finchè tutto non scompare nel nero della notte. Sul piano dei colori la poesia è costruita sul contrasto bianco-nero e sul piano dei significati sul contrasto vita-morte.
Dietro l’apparenza della realtà fisica c’è la presenza della morte
Il testo si colloca in un ambito di espressività impressionistica, poichè, apparentemente, si tratta della descrizione di un paesaggio naturalistico “dipinto” con immagini nitide, che creano l’illusione di una improbabile primavera, che si rivela però una effimera estate autunnale (estate di San Martino).
La prima strofa insiste su di una primavera creata dal poeta, ma, come si vedrà poi nella seconda strofa, quando la realtà si impone, non è primavera: è autunno. L’impressione della verità di questa primavera è creata per mezzo di quegli alberi chiamati con nome preciso e scientifico (quasi richiamando l’autorità della scienza a definire la realtà), e per mezzo di quelle descrizioni precise del tipo di luce e persino degli odori che sembrano sentirsi.
Nella seconda strofa appare una verità più triste, che prelude alla comparsa della morte nella terza strofa. La scena è comunque pittoricamente descritta nella secchezza del biancospino, nel cielo segnato dai rami secchi che si stagliano contro il cielo, ed anche nei rumori che produce la terra gelata.
La terza strofa descrive un silenzio interrotto da un impossibile rumore di foglie cadute, che allude alla morte che compare nell’ultimo verso.
Questa è la descrizione delle immagini impressionistiche, ma esse si possono interpretare come simboli che analogicamente (per associazioni non logiche) mandano altri messaggi, cercano di comunicare l’”oltre” che sta dietro l’apparenza (dietro una vita apparente sta la morte).
Questo gioco della comunicazione di qualcos’altro è condotto attraverso scelte linguistiche e retoriche.
Il simbolismo si intensifica in particolare nella seconda e terza strofa, quando la presenza angosciosa di una verità, che è la morte, si annuncia con le immagini della secchezza stecchita (allitterazione della doppia C e T), con il richiamo al nero che deturpa il cielo sereno e al suono rimbombante e cupo del terreno.
Nella terza strofa l’aggettivo “fragile” si carica di significati profondamente simbolici poichè, accostato assurdamente al cadere, costituisce un ipallage (non è il cadere che è fragile, ma lo sono le foglie) e questo spostamento capta la nostra attenzione, che è costretta ad associare questa fragilità del cadere con la fragilità umana.
Dopo il richiamo alla fragilità si presenta l’estate (illusione) separata dal suo aggettivo fredda (verità): si tratta di un ossimoro unito da enjambement, ma quella pausa tra estate e fredda ci fa apparire ancora più terribile la verità, reiterata con l’evocazione dei morti.
Sul piano sintattico e ritmico diversi elementi concorrono a connotare il componimento come diretto a produrre intuizioni, più che ragionamenti: manca qualsiasi nesso sintattico di tipo logico; c’è solo quel ma a significare che ciò che è vero non è ciò che appare.
Per il resto della strofa si susseguono contrazioni, (gemmea è contrazione di gemmeva, che a sua volta è contrazione della similitudine luminosa e fredda come una gemma. Gemmea è un neologismo.)
Nella terza strofa il ritmo si fa spezzato grazie alla abbondante punteggiatura, che rallenta l’arrivo all’ultimo verso nel quale sta la verità.
ANALISI di L'ASSIUOLO
Idea centrale
Nel mezzo ad una notte nera il poeta si sente immerso in una natura misteriosa, che manda suoni che fanno paura e evocano quella più antica paura della morte del padre
Contestualizzazione
Il testo per tutta una serie di motivi può collocarsi all’interno del simbolismo, anche se Pascoli non sapeva molto di questa corrente e quanto a storia personale non può certo considerarsi un poeta maledetto. La sua collocazione sociale era ben integrata: insegnante universitario sulla cattedra che era stata del Carducci e letterato, non era certo un ribelle contestatore della borghesia e dei suoi valori. Tuttavia si può anche dire che i valori e gli approcci alla natura che emergono dai suoi testi, sono quelli pertinenti al mondo contadino, bucolico, che aveva conosciuto durante la sua infanzia, quando il padre faceva il fattore. Dunque l’adesione al simbolismo fonico non è un fatto culturale, ma piuttosto un istintivo, spontaneo, approccio alla comunicazione poetica e questo dà maggior valore ai suoi risultati espressivi, che sono comunque di straordinaria bellezza. Forse il fascino della sua poesia sta anche in quella dimensione infantile che fornisce il filtro attraverso cui tutto è guardato, sentito, vissuto. Ed è bello per noi regredire in quella dimensione magica, misteriosa, dove tutto era ancora possibile ( il ritorno dei morti e la conseguente emancipazione dai loro imperativi), le sensazioni sono ancora indistinte (quante sinestesie!), le immaginazioni non contaminate dall’ovvietà ripetuta (le analogie scattano in modo assolutamente originale e a-razionale). Appartiene al simbolismo l’idea che la Natura con i suoi colori, odori, mandi messaggi, che il poeta avverte in modo confuso e per questo ne è spaventato. Da questa Natura vitale, tutta tesa alla riproduzione di se stessa, Pascoli si sente escluso, per le scelte di vita che ha fatto e che vive come costrizioni dolorose, dalle quali sarebbe tuttavia una colpa sfuggire.Questa condizione di escluso dal Tutto della Natura, gli preclude qualsiasi ruolo di poeta veggente, la cui preziosità, anche se incompresa dalla massa, è pur tuttavia una convinzione interiore dell’intellettuale decadente. Pascoli è moderno: la sua poesia è una pura espressione del suo addolorato immaginario; non c’è verità assoluta che voglia o possa rivelare.
Il fonosimbolismo
Il testo può essere inserito nell’ambito di una espressività fonosimbolica, per cui sono numerose le figure di suono (onomatopee, anafore, allitterazioni,consonanze) e addirittura si può pensare al testo come ad una partitura musicale, nella quale si ripetono o si rispondono suoni da versi lontani, che a volte si trasformano nelle diverse strofe, le quali hanno una loro precisa natura musicale, giocata su suoni diversi che si agganciano però attraverso la rima ripetuta a schema fisso, il ritmo del novenario dattilico, l’anafora di chiù, (suono duro che imita quello dell’assiuolo, ma anche quello del fucile che provocò il singulto e il pianto di morte…), l’accentazione tonica che cade quasi sempre sulla E ed A, la prevalenza della U negli ultimi versi delle tre strofe.
Nella prima strofa l’armonia nasce dalla variazione della consonanza la, luna, cielo, perla, mandorlo, mela, vederla, mentre nella seconda i suoni si fanno più intensi per l’abbondanza delle doppie (stelle, mezzo, nebbia, latte…) fino a che non appare il rumore inquietante del fru fru fra le fratte (onomatopea, ma anche consonanza), con la sua trasformazione nel sibilo della allitterazione della S ( anafore di sentivo, sussulto, sonava, singulto) che termina con il singulto. L’allitterazione della S ( ma anche della T) è predominante nella terza strofa, dove si fa più dura perché si lega alla Q, R, T, nei significati di sospiro, squassavano, sistri…E’ ormai incombente l’idea della morte( dei genitori ma anche di se stesso), da cui non si torna più, perché i riti isiaci sono ormai insignificanti (tintinni) di fronte alle porte della morte, che non si sa neppure dove siano.
Le figure retoriche
Bellissime e indimenticabili sono le analogie di: alba di perla, soffi di lampi ( che è anche una sinestesia), nero di nubi, nebbia di latte sospiro di vento, pianto di morte. Tutte insistono sul di :Le anafore di sentivo trasportano il suono dentro l’anima del poeta, nel momento in cui ascolta, ma si allungano anche al tempo della morte del padre. Naturalmente sono onomatopee: fru fru, chiù e, più leggermente, squassavano,tintinni.
Le immagini
I° strofa
L’io poetico è immerso in una notte in cui la luna è appena tramontata, ma persiste il suo biancore e gli alberi sembrano allungarsi verso di lei, quasi volessero seguirla, mentre dalla terra arrivano segnali inquietanti: nubi, lampi, e una voce misteriosa.
II° strofa
Ancora il cielo, le stelle e la terra da cui emerge,in mezzo alla consolatoria presenza della nebbia di latte e di un mare cullante, il primo colpo del dolore, che torna in forma di memoria, mosso dal fruscio nascosto nei cespugli.
III° strofa
L’attenzione passa dalle lucide foglie, illuminate ancora dalla luna e smosse dal vento, alla terra dove le cavallette tentano di aprire inutilmente le porte della morte.
Gli spazi e il tempo
La poesia per Pascoli nasce dal vago ( come voleva Leopardi), per cui i luoghi della poesia sono indeterminati (laggiù…, dai campi, lontano); mentre l’ora della notte in cui scatta l’idea della morte è ben descritta, osservata nella natura, che si sente abbandonata dalla luna e cerca ancora di raggiungerla. Ogni strofa presenta un movimento dall’alto verso il basso.
I campi semantici
Emerge il campo semantico del dolore nelle parole: nero, sussulto, grido, sospiro, pianto, morte. Mentre nel campo semantico del nido consolatorio possiamo mettere: latte, cullare, tintinni, ma si tratta decisamente di una minoranza di parole. L’io poetico è in preda all’ossessione della morte e questa trasforma i suoni di una natura umanizzata in singulti e pianto. Questa trasformazione verso il Male può essere osservata anche nel climax di voce, singulto, pianto.
Il gelsomino notturno (dai Canti di Castelvecchio).
E s’aprono i fiori notturni ,
nell’ora che penso ai miei cari.
Sono apparse in mezzo ai viburni
Le farfalle crepuscolari.
Da un pezzo si tacquero i gridi:
là sola una casa bisbiglia.
Sotto l’ali dormono i nidi ,
come gli occhi sotto le ciglia.
Dai calici aperti si esala
L’odore di fragole rosse.
Splende un lume là nella sala.
Nasce l’erba sopra le fosse.
Un’ape tardiva sussurra
Trovando già prese le celle.
La Chioccetta per l’aia azzurra
Va col suo pigolio di stelle.
Per tutta la notte s’esala
L’odore che passa col vento.
Passa il lume su per la scala;
brilla al primo piano: s’è spento…
È l’alba: si chiudono i petali
Un poco gualciti ; si cova,
dentro l’urna molle e segreta ,
non so che felicità nuova.
Analisi di “ Temporale”
La natura appare pericolosa e tragica, solo un nido familiare offre riparo.Anche questa composizione si presenta come un quadro impressionistico costruito sul piano visivo con i colori del nero, rosso e bianco (della casa e delle nubi), cui si aggiunge il piano uditivo per mezzo di quel bubbolìo, che è parola onomatopeica.
Sul piano simbolico il casolare appare come l’unico riparo alla violenza del temporale, poichè richiama, per analogia, al tema della casa e della famiglia, insomma al “nido”; del resto anche il casolare richiama per analogia all’ala bianca di un gabbiano. Contro il nero (temporale-morte) c’è un solo riparo: il casolare (famiglia-nido)
L’effetto cupo è reso con evocazioni di spazi lontani e indefiniti (lontano, a monte, a mare)e di colori rosso sangue, ma il participio affocato non evoca solo il rosso del fuoco, ma anche il caldo soffocante: è una sinestesia
Il gabbiano dell’ultimo verso è stato richiamato per analogia dal biancore della casa e potrebbe costituire una nota positiva finale, ma nel sistema simbolico del Pascoli (che guarda alle cose con gli occhi di un bambino) gli uccelli costituiscono un legame misterioso con il mondo dei morti.
La descrizione angosciosa del temporale è resa non solo per mezzo di pennellate di colori forti (quelli usati dai bambini) ma anche con l’accumularsi di elementi senza un centro ( non c’è un verbo che dia una struttura logica alle diverse “pennellate”);così la Natura, cioè la realtà, appare come una trama di apparenze frammentate, che richiamano a significati segreti ( morte-vita) intuibili solo per analogie irrazionali.
La paratassi usata nella composizione è lo strumento stilistico più adatto ad esprimere l’irrazionalità.
Analisi di “ Dall’argine”
La natura è un’apparenza serena, che nasconde inquietanti segreti.
Ancora un bozzetto impressionistico: un paesaggio “dipinto” con i colori dell’azzurro del verde e del bianco. La descrizione non è solo visiva, nella seconda parte del componimento le “pennellate” sono uditive. Nell’ultimo verso le due sensazioni sono unite nella sinestesia di “strilli penduli”. La composizione mantiene uno schema ordinato: si tratta di tre endecasillabi più un quinario, con rima ABAB CDCD; ma l’ordine metrico non ha rispondenza nella sintassi, che è ancora una volta paratattica, con accostamenti senza congiunzioni.
Il primo verso presenta una personificazione del meriggio che si adagia sul prato.
Il secondo verso è ellittico poichè manca il verbo essere ( non ci sono uccelli nel cielo, orme e ombre nel prato).
Il terzo verso richiama al tema della casa abitata ( che si pone tra la terra e il cielo ) e quindi del nido; sono presenti assonanze ripetute: (ci,vi,vi,fi,si).
La seconda parte del componimento introduce ai suoni che sono squilli e strilli, nonostante si tratti di campane lontane e allodole che cantano. Il poeta ha scelto di connotare questi rumori con “pennellate foniche” inquietanti che sono i suoni duri dello Squi e Stri, cui si aggiunge l’immagine-suono del verso dell’allodola , che è sospesa tra terra e cielo.
Del resto sappiamo che nel sistema simbolico del Pascoli gli uccelli sembrano portare sempre misteriosi messaggi di morte.
Analisi di “Il Lampo”
L’inizio del componimento è realizzato con una E, che lascia presupporre qualcosa di accaduto prima che la natura avesse questo aspetto tragico: sembra l’ultima scena di una storia che si conclude tragicamente.
La prefazione al brano, comparsa nella terza edizione delle Myricae, ma poi rimasta inedita, ci guida nella interpretazione; si tratta degli attimi che precedettero la morte del padre e il lampo è quello della fucilata che lo uccise.
Il primo verso ci dice che in quel momento, finalmente, si ebbe l’apparire della verità, che consisteva appunto in una realtà tragica, con una breve illuminazione consolatoria (la casa) dopodiché ci fu solo la morte.
La natura è descritta sul piano simbolico e gli aggettivi non offrono nessuna possibilità di essere oggettivati con colori o dimensioni. Il cielo e la terra sono personificati e appaiono come sorpresi nella notte nera da un lampo di luce ( gli aggettivi posti in climax offrono l’adito per analogie erotiche di tipo drammatico, come sempre nell’immaginario del Pascoli).
La casa che appare e sparisce, così fulmineamente, come un occhio che si apre e si chiude, è l’espressione dell’apparire di una temporanea consolazione, destinata a scomparire nella notte nera. Certo il lampo è rivelatore di qualche verità nascosta, che agli occhi del bambino Pascoli appare solo per un attimo, finchè tutto non scompare nel nero della notte. Sul piano dei colori la poesia è costruita sul contrasto bianco-nero e sul piano dei significati sul contrasto vita-morte.
Analisi di Novembre
Dietro l’apparenza della realtà fisica c’è la presenza della morte
Il testo si colloca in un ambito di espressività impressionistica, poichè, apparentemente, si tratta della descrizione di un paesaggio naturalistico “dipinto” con immagini nitide, che creano l’illusione di una improbabile primavera, che si rivela però una effimera estate autunnale (estate di San Martino).
La prima strofa insiste su di una primavera creata dal poeta, ma, come si vedrà poi nella seconda strofa, quando la realtà si impone, non è primavera: è autunno. L’impressione della verità di questa primavera è creata per mezzo di quegli alberi chiamati con nome preciso e scientifico (quasi richiamando l’autorità della scienza a definire la realtà), e per mezzo di quelle descrizioni precise del tipo di luce e persino degli odori che sembrano sentirsi.
Nella seconda strofa appare una verità più triste, che prelude alla comparsa della morte nella terza strofa. La scena è comunque pittoricamente descritta nella secchezza del biancospino, nel cielo segnato dai rami secchi che si stagliano contro il cielo, ed anche nei rumori che produce la terra gelata.
La terza strofa descrive un silenzio interrotto da un impossibile rumore di foglie cadute, che allude alla morte che compare nell’ultimo verso.
Questa è la descrizione delle immagini impressionistiche, ma esse si possono interpretare come simboli che analogicamente (per associazioni non logiche) mandano altri messaggi, cercano di comunicare l’”oltre” che sta dietro l’apparenza (dietro una vita apparente sta la morte).
Questo gioco della comunicazione di qualcos’altro è condotto attraverso scelte linguistiche e retoriche.
Il simbolismo si intensifica in particolare nella seconda e terza strofa, quando la presenza angosciosa di una verità, che è la morte, si annuncia con le immagini della secchezza stecchita (allitterazione della doppia C e T), con il richiamo al nero che deturpa il cielo sereno e al suono rimbombante e cupo del terreno.
Nella terza strofa l’aggettivo “fragile” si carica di significati profondamente simbolici poichè, accostato assurdamente al cadere, costituisce un ipallage (non è il cadere che è fragile, ma lo sono le foglie) e questo spostamento capta la nostra attenzione, che è costretta ad associare questa fragilità del cadere con la fragilità umana.
Dopo il richiamo alla fragilità si presenta l’estate (illusione) separata dal suo aggettivo fredda (verità): si tratta di un ossimoro unito da enjambement, ma quella pausa tra estate e fredda ci fa apparire ancora più terribile la verità, reiterata con l’evocazione dei morti.
Sul piano sintattico e ritmico diversi elementi concorrono a connotare il componimento come diretto a produrre intuizioni, più che ragionamenti: manca qualsiasi nesso sintattico di tipo logico; c’è solo quel ma a significare che ciò che è vero non è ciò che appare.
Per il resto della strofa si susseguono contrazioni, (gemmea è contrazione di gemmeva, che a sua volta è contrazione della similitudine luminosa e fredda come una gemma. Gemmea è un neologismo.)
Nella terza strofa il ritmo si fa spezzato grazie alla abbondante punteggiatura, che rallenta l’arrivo all’ultimo verso nel quale sta la verità.
ANALISI di L'ASSIUOLO
Idea centrale
Nel mezzo ad una notte nera il poeta si sente immerso in una natura misteriosa, che manda suoni che fanno paura e evocano quella più antica paura della morte del padre
Contestualizzazione
Il testo per tutta una serie di motivi può collocarsi all’interno del simbolismo, anche se Pascoli non sapeva molto di questa corrente e quanto a storia personale non può certo considerarsi un poeta maledetto. La sua collocazione sociale era ben integrata: insegnante universitario sulla cattedra che era stata del Carducci e letterato, non era certo un ribelle contestatore della borghesia e dei suoi valori. Tuttavia si può anche dire che i valori e gli approcci alla natura che emergono dai suoi testi, sono quelli pertinenti al mondo contadino, bucolico, che aveva conosciuto durante la sua infanzia, quando il padre faceva il fattore. Dunque l’adesione al simbolismo fonico non è un fatto culturale, ma piuttosto un istintivo, spontaneo, approccio alla comunicazione poetica e questo dà maggior valore ai suoi risultati espressivi, che sono comunque di straordinaria bellezza. Forse il fascino della sua poesia sta anche in quella dimensione infantile che fornisce il filtro attraverso cui tutto è guardato, sentito, vissuto. Ed è bello per noi regredire in quella dimensione magica, misteriosa, dove tutto era ancora possibile ( il ritorno dei morti e la conseguente emancipazione dai loro imperativi), le sensazioni sono ancora indistinte (quante sinestesie!), le immaginazioni non contaminate dall’ovvietà ripetuta (le analogie scattano in modo assolutamente originale e a-razionale). Appartiene al simbolismo l’idea che la Natura con i suoi colori, odori, mandi messaggi, che il poeta avverte in modo confuso e per questo ne è spaventato. Da questa Natura vitale, tutta tesa alla riproduzione di se stessa, Pascoli si sente escluso, per le scelte di vita che ha fatto e che vive come costrizioni dolorose, dalle quali sarebbe tuttavia una colpa sfuggire.Questa condizione di escluso dal Tutto della Natura, gli preclude qualsiasi ruolo di poeta veggente, la cui preziosità, anche se incompresa dalla massa, è pur tuttavia una convinzione interiore dell’intellettuale decadente. Pascoli è moderno: la sua poesia è una pura espressione del suo addolorato immaginario; non c’è verità assoluta che voglia o possa rivelare.
Il fonosimbolismo
Il testo può essere inserito nell’ambito di una espressività fonosimbolica, per cui sono numerose le figure di suono (onomatopee, anafore, allitterazioni,consonanze) e addirittura si può pensare al testo come ad una partitura musicale, nella quale si ripetono o si rispondono suoni da versi lontani, che a volte si trasformano nelle diverse strofe, le quali hanno una loro precisa natura musicale, giocata su suoni diversi che si agganciano però attraverso la rima ripetuta a schema fisso, il ritmo del novenario dattilico, l’anafora di chiù, (suono duro che imita quello dell’assiuolo, ma anche quello del fucile che provocò il singulto e il pianto di morte…), l’accentazione tonica che cade quasi sempre sulla E ed A, la prevalenza della U negli ultimi versi delle tre strofe.
Nella prima strofa l’armonia nasce dalla variazione della consonanza la, luna, cielo, perla, mandorlo, mela, vederla, mentre nella seconda i suoni si fanno più intensi per l’abbondanza delle doppie (stelle, mezzo, nebbia, latte…) fino a che non appare il rumore inquietante del fru fru fra le fratte (onomatopea, ma anche consonanza), con la sua trasformazione nel sibilo della allitterazione della S ( anafore di sentivo, sussulto, sonava, singulto) che termina con il singulto. L’allitterazione della S ( ma anche della T) è predominante nella terza strofa, dove si fa più dura perché si lega alla Q, R, T, nei significati di sospiro, squassavano, sistri…E’ ormai incombente l’idea della morte( dei genitori ma anche di se stesso), da cui non si torna più, perché i riti isiaci sono ormai insignificanti (tintinni) di fronte alle porte della morte, che non si sa neppure dove siano.
Le figure retoriche
Bellissime e indimenticabili sono le analogie di: alba di perla, soffi di lampi ( che è anche una sinestesia), nero di nubi, nebbia di latte sospiro di vento, pianto di morte. Tutte insistono sul di :Le anafore di sentivo trasportano il suono dentro l’anima del poeta, nel momento in cui ascolta, ma si allungano anche al tempo della morte del padre. Naturalmente sono onomatopee: fru fru, chiù e, più leggermente, squassavano,tintinni.
Le immagini
I° strofa
L’io poetico è immerso in una notte in cui la luna è appena tramontata, ma persiste il suo biancore e gli alberi sembrano allungarsi verso di lei, quasi volessero seguirla, mentre dalla terra arrivano segnali inquietanti: nubi, lampi, e una voce misteriosa.
II° strofa
Ancora il cielo, le stelle e la terra da cui emerge,in mezzo alla consolatoria presenza della nebbia di latte e di un mare cullante, il primo colpo del dolore, che torna in forma di memoria, mosso dal fruscio nascosto nei cespugli.
III° strofa
L’attenzione passa dalle lucide foglie, illuminate ancora dalla luna e smosse dal vento, alla terra dove le cavallette tentano di aprire inutilmente le porte della morte.
Gli spazi e il tempo
La poesia per Pascoli nasce dal vago ( come voleva Leopardi), per cui i luoghi della poesia sono indeterminati (laggiù…, dai campi, lontano); mentre l’ora della notte in cui scatta l’idea della morte è ben descritta, osservata nella natura, che si sente abbandonata dalla luna e cerca ancora di raggiungerla. Ogni strofa presenta un movimento dall’alto verso il basso.
I campi semantici
Emerge il campo semantico del dolore nelle parole: nero, sussulto, grido, sospiro, pianto, morte. Mentre nel campo semantico del nido consolatorio possiamo mettere: latte, cullare, tintinni, ma si tratta decisamente di una minoranza di parole. L’io poetico è in preda all’ossessione della morte e questa trasforma i suoni di una natura umanizzata in singulti e pianto. Questa trasformazione verso il Male può essere osservata anche nel climax di voce, singulto, pianto.
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